Requisiti acustici passivi degli edifici
Si va forse chiarendo l’annoso problema delle responsabilità. Rimane aperta l’opportunità di arrivare in tempi brevi alla predisposizione del “libretto dell’edificio”.
Ritorniamo su un tema che è diventato di grande attualità durante l’anno in corso: i requisiti acustici passivi degli edifici.
È stato un crescendo: man mano che si sono attivati i vari uffici delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), con il coinvolgimento degli Uffici Tecnici di alcuni comuni, le richieste di una valutazione analitica dei requisiti acustici passivi degli edifici ai sensi del DPCM del 5/12/97 si sono moltiplicate. E quasi sempre il rilascio della concessione edilizia era subordinata alla presentazione di questa documentazione.
Insomma, sta diventando una questione seria.
Nel contempo ci si accorge che sul piano delle responsabilità il quadro si fa meno fumoso: ad esempio, il Regolamento di Igiene del Comune di Milano (non ultimo della regione Lombardia nonché della nazione italiana) approvato il 20/03/95ed esecutivo dal 23/05/95, al titolo III, art. 3.4.48 “Indici di valutazione di isolamento acustico” stabilisce che
«L’isolamento degli ambienti deve essere misurato secondo gli indici stabiliti dalle norme vigenti in materia.
Il rispetto di tali indici deve essere assicurato con dichiarazione del costruttore e del direttore dei lavori da unire alla dichiarazione di fine lavori».
Ad oggi i valori di questi indici sono stabiliti dal DPCM del 5/12/97 che «determina i requisiti acustici delle sorgenti sonore interne agli edifici ed i requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti in opera, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore» (art. 1).
Pertanto i certificati di laboratorio e le schede tecniche di fornitori rappresentano un valido ausilio nella fase preventiva di progettazione, ma non sono sufficienti a cautelare il progettista ed il costruttore da un eventuale collaudo in opera dall’esito non soddisfacente.
A questo proposito poi il Regolamento di Igiene del Comune di Milano è molto chiaro: se il rispetto degli indici di valutazione di isolamento acustico è assicurato da una dichiarazione congiunta del costruttore e del direttore dei lavori, il mancato rispetto è ovviamente da imputare a loro.
In questo nuovo contesto che si va delineando, come muoversi per essere cautelati e limitare al minimo i rischi di insuccesso?
La via da seguire è sostanzialmente quella di affrontare le problematiche dell’isolamento acustico fin dalla fase di progettazione, affidandosi a tecnici competenti e con esperienza specifica nel settore.
È insomma un’ulteriore figura professionale che deve entrare a far parte del pool di progettazione a fianco degli altri professionisti tradizionalmente presenti (architetti, ingegneri strutturisti, ingegneri impiantisti, ecc.).
Dove possibile poi, è opportuno affidarsi alla scelta di pacchetti già collaudati in opera in precedenti realizzazioni, in modo da poter ragionevolmente conseguire un risultato adeguato alle richieste normative in materia.
Un altro aspetto da non trascurare è legato alla realtà del cantiere, con la rischiosa incognita, sempre in agguato dietro l’angolo, dell’errore di messa in opera dovuto, nella maggior parte dei casi, ad imperizia, leggerezza o superficialità degli operatori.
Essendo il direttore dei lavori corresponsabile col costruttore, il suo ruolo di controllo viene ad essere centrale e fondamentale.
Perché poi non “sfruttare” il nostro tecnico acustico chiedendogli di collaudare in opera le strutture realizzate, magari a campione su un ambiente od una porzione di edificio, in modo da avere conferme o correzioni prima di intraprendere la gran parte della realizzazione?
A conti fatti i costi non sarebbero certo eccessivi rispetto al valore complessivo del manufatto, e comunque sarebbero sicuramente inferiori ai rischi: infatti in caso di contenzioso giudiziario, la tendenza verso cui ci si sta orientando non è quella di negare la licenza di abitabilità al manufatto finito, ma piuttosto quella di deprezzare anche del 20% il valore dell’immobile.
Il danno economico sarebbe sicuramente maggiore!
L’approdo più completo al problema è probabilmente quello di istituire un “libretto dell’edificio” ad uso dell’utente e che comprenda anche una certificazione di collaudo dei requisiti acustici passivi. Il concetto base è in fondo molto semplice: qualsiasi consumatore acquistando, per poche decine o al massimo centinaia di mille lire, un banale elettrodomestico, si trova tra le mani un libretto con descrizione dell’articolo, caratteristiche tecniche ed istruzioni per l’uso.
Lo stesso consumatore acquista per svariati milioni di lire un’abitazione: non gli viene dato in mano nulla, neppure uno schema dell’impianto elettrico o quant’altro. A tutti è capitato poi di tribulare per il fatto di non avere tutte le informazioni richieste da un tecnico chiamato per una banale manutenzione o modifica di impianto.
In proposito c’è già c’è un dibattito in corso: saranno da stabilire modalità e contenuti di questo “libretto dell’edificio”, ma a nostro giudizio è un passo che primo o poi sarà giocoforza fare a tutela di tutti, utenti ed operatori del settore.
Dalle considerazioni esposte risulta chiaro che l’acustica degli edifici sta uscendo dal limbo in cui era stata confinata finora: sta a tutti gli addetti ai lavori non nascondere la testa nella sabbia ed affrontare il problema, con l’obiettivo fondamentale di migliorare continuamente la qualità delle nostre abitazioni.
Da anni orientato in questo senso è il Consorzio delle Cooperative del Lavoratori di Milano, attento a tutte le problematiche acustiche connesse all’edilizia abitativa: le soluzioni schematizzate in queste pagine sono state studiate, realizzate e collaudate con successo proprio nelle innumerevoli realizzazioni che in questi anni sono state portate a termine a Milano e dintorni.
Angelo Verderio