Anno XV
Numero 2
Aprile 2003

Correzione acustica ambienti aperti al pubblico

Cinema, teatri, ma anche palestre e mense. L’importanza di calibrare l’intervento sull’obiettivo da raggiungere, senza dimenticare l’aspetto estetico

Quando si progetta un ambiente di cui dovranno fruire un numero significativo di persone è molto importante tenere in considerazione il comfort acustico interno.

Il che significa in buona sostanza attuare a priori tutti quegli accorgimenti che ci eviteranno di avere un ambiente dove il riverbero acustico (l’eco) impedisce l’intellegibilità del suono e provoca fastidio all’udito. Tecnicamente si tratta di controllare il cosiddetto “tempo di riverberazione” (cioè quanto impiega un suono a ridursi a un milionesimo dell’intensità iniziale) in modo da “pilotare”  questo valore a un livello ottimale a seconda della funzione dell’ambiente in esame: un locale destinato all’ascolto vocale necessita di un tempo di riverberazione più basso rispetto a uno dove si vuole ascoltare musica.

La regola non vale soltanto per cinema, teatri e sale da concerto
La tendenza dei progettisti è di pensare al problema della correzione in acustica solo quando si parla di cinema, teatri o sale per concerti, ma questo è un errore.
Se infatti è vero che in questi casi la perfetta percezione dei suoni è il fattore più determinante nel raggiungimento dell’obiettivo architettonico, è altrettanto vero che tutte le volte in cui si parla di un ambiente frequentato dal pubblico la “cattiva acustica” può inficiare anche l’idea del più brillante degli architetti.
Si pensi a una palestra dove il rimbombo di un pallone sul pavimento è avvertito come il tuono di un temporale a luglio o a una sala mensa in cui si fatica a parlare da una parte all’altra del tavolo.
Gli esempi non mancano: uno degli ultimi interventi dei tecnici della Divisione Acustica di Coverd ha riguardato una sala bridge dove il titolare, poco dopo l’inaugurazione, si è accorto che il “rimbombo” provocava fastidio agli utenti.
A volte, invece, chi realizza un impianto audio convince il cliente che basta usare l’impianto giusto per non avere problemi di acustica. Questo entro certi limiti è vero, ma non produce mai un risultato ottimale.
In ogni caso, il tecnico dell’hi-fi che entra in un ambiente acusticamente corretto sa già che il suo lavoro sarà facilitato e potrà sfruttare al meglio le qualità della sua strumentazione.
Forse dunque è il caso di estendere a tutti gli ambienti pubblici la buona regola che parroci e Consigli pastorali hanno adottato da tempo quando affidano il progetto per la costruzione di una nuova chiesa: chiedere, insieme a tutto il resto, un progetto che riguarda l’acustica interna.

Si può intervenire a edificio già realizzato
In questo caso l’intervento muove da un’analisi dell’esistente. Il primo passo è un rilievo sul posto, geometrico e fonometrico. Ciò serve per conoscere il tempo di riverberazione, che costituisce il punto di partenza certo. Ottenuto questo dato si può definire l’obiettivo da raggiungere, in funzione della destinazione d’uso.
Come già accennato, una sala dove si suona l’organo deve avere dei tempi di riverberazione più lunghi (coda sonora) di una destinata alle conferenze, cioè al suono del parlato. Dunque anche l’intervento di correzione acustica dovrà essere differente. A questo punto entrano in gioco una serie di altre variabili, come ad esempio il numero di “unità assorbenti” inserite nell’ambiente e l’eventuale necessità di impiegare materiali di Classe 1 per la reazione al fuoco, obbligatori nei locali aperti al pubblico.
Ovviamente la fase applicativa non può prescindere dalla valutazione degli elementi strutturali sui quali si va a intervenire, primo fra tutti la conformazione del soffitto, la presenza di lucernari e punti luce eccetera, senza dimenticare l’importanza del fattore estetico. Solo dopo aver tenuto conto di tutte le esigenze da compenetrare e aver individuato la tipologia precisa dell’intervento, si procede ad attuare un “condizionamento acustico” vero e proprio.
L’ultima fase è quella cosiddetta del collaudo, con il quale si verifica l’effettiva rispondenza del realizzato agli obiettivi fissati, che si esegue confrontando strumentalmente i dati finali con quelli del rilievo iniziale.

Ma si può anche intervenire prima…
In questo caso, non esistendo il realizzato, si salta la prima fase e si procede sulla scorta dei dati teorici, avvalorati dall’esperienza nel caso di CoVerd. Per questo tipo di elaborazione si utilizzano dei software di previsione, che ovviamente forniranno valutazioni più verosimili quanto più saranno fedeli i dati di’input. Di qui l’importanza di un progetto preciso.

Dott. Marco Raimondi