Anno XIII
Numero 3
Dicembre 2001

È a Milano la casa del benessere

Con l’edificio ecologico milanese si è finalmente ricucito il rapporto salutare tra casa, natura e abitanti. Un rapporto che l’edilizia speculativa ha negli anni incrinato.

Per la cooperativa edilizia “Bovisa ’90 – La Casa Ecologica”, il 2001 ha portato buoni frutti e anche il 2002 sembra nascere sotto ottimi auspici.

Dopo 10 lunghi anni di difficoltà burocratiche, il progetto di realizzare una casa che rispondesse ai criteri della bioedilizia si è finalmente materializzato in uno splendido e sano edificio di 6 piani, al numero 29 di Via Candiani.
Ecco la storia: era il 1989, quando un gruppo di cittadini milanesi della Bovisa – un tempo quartiere industriale e di studi cinematografici, ora centro della scena universitaria e di una attenta riqualificazione e trasformazione edilizia – decisero che si sarebbero riuniti in una cooperativa.
Motivo: evitare di subire lo scacco di un’espulsione forzata dal loro territorio, dovuta alla scarsa disponibilità di alloggi; fu così che nacque la cooperativa “Bovisa la Casa Ecologica”.
In quegli anni però lo spettro del “problema casa” era talmente sentito che, nell’ottobre 1990, altri abitanti del quartiere ne fondarono una seconda, “Bovisa ‘90”. Al Consorzio Cooperative Lavoratori di Milano delle ACLI e della CISL (Via della Signora 3) – la struttura di supporto operativo e gestionale alla quale le due cooperative si rivolsero per ottenere una consulenza tecnica e amministrativa – gli organismi sociali si presentarono con lo stesso canovaccio. L’iniziativa era unica e l’obbiettivo comune: sfruttare una delle aree dismesse in Bovisa, per costruirci un edificio a due corpi, che fornisse ai soci di entrambe le cooperative alloggi a basso costo.

L’Eco Logica
Al di là dell’unicità dello scopo, l’idea di progetto in realtà si presentò con due facce distinte: a fronte dell’idea più tradizionalista di “Bovisa ‘90”, per la cooperativa “Bovisa La Casa Ecologica” era prioritario il concetto di edificare uno stabile fondato sui criteri dell’architettura biologica; una “casa organismo” che fosse rispettosa della salute e che permettesse agli abitanti momenti di socialità, potendo interagire tra loro e con la natura all’esterno; e ancora, che fosse a costo contenuto, che limitasse l’impatto ambientale e che al tempo stesso offrisse alte prestazioni energetiche.
Un credo sostenuto con disinvoltura che però, per i tempi di allora, agli occhi di molti sembrava vera utopia.
Come si sarebbe potuto inserire l’edificio in un contesto verdeggiante, senza tuttavia distruggere aree verdi?
E come fare per realizzare alloggi a basso costo utilizzando soprattutto risorse naturali, riproducibili e riciclabili, e limitando al minimo l’impiego di materiali inquinanti e sostanze nocive per la salute?
Le domande furono girate agli architetti Luca Bergo e Patrizia Peracchio – progettisti della cooperativa La Casa Ecologica – per realizzare il corpo “A” secondo criteri di bioedilizia – e all’Arch. Marco Lucchini progettista dell’edificio “B” per la cooperativa Bovisa 90,  i quali accettarono la sfida senza riserve.
Tramite il Consorzio Cooperative Lavoratori di Milano venne da subito  prospettata la soluzione di un progetto architettonico partecipato, dove logiche, idee, scelte e condizioni fossero state discusse con la totalità dei soci.
E le discussioni, di fatto, portarono a ridefinire alcuni cardini dei due progetti: pur mantenendo alcune distinzioni nei criteri di intervento, la cooperativa Bovisa ’90 accolse la maggior parte delle proposte pianificate nella progettazione bioclimatica dell’edificio “A”.
L’impresa partì nel 1991, con l’acquisto del terreno. Un’impresa non trascurabile, accompagnata da estenuanti lotte, ritardi e preoccupazioni, resi più evidenti dalle vicissitudini comunali e dai cambi periodici delle giunte municipali.
Fu solo nel 1998, infatti, che sulla base del progetto degli architetti Bergo, Peracchio e Lucchini, nonchè del costante coordinamento tecnico del Consorzio Cooperative Lavoratori di Milano, dopo l’approvazione del piano urbanistico che trasformava l’area da “industriale” a “residenziale” e il conseguente rilascio della concessione edilizia, le opere poterono essere appaltate all’Impresa Unieco di Reggio Emilia e cominciarono gli scavi di quella che sarebbe stata la prima Casa Ecologica di Milano, oltre 35.000 mc distribuiti su 107 appartamenti: 53 da destinare all’edificio “A”, i restanti 54 al corpo “B”, ad oggi tutti consegnati ai soci.
Forte della consumata esperienza gestionale del Consorzio Cooperative Lavoratori di Milano e del clima di comunanza che si è instaurato nelle due cooperative, che nel frattempo si sono fuse in un unico organismo sociale
(Bovisa ’90 – La Casa Ecologica) rappresentate dal suo Presidente Signora Graziella Antoniotti, si sono mantenuti degli evidenti elementi di continuità progettuale anche nel complesso edilizio: con un unico ingresso e portineria, gli abitanti dividono lo spazio verde privato e gli impianti tecnologici centralizzati, come quelli di riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria.

Le prove tangibili di un esperimento riuscito
Oggi la Casa Ecologica è una realtà e il successo – attestato dai dati che seguono – riporta d’attualità le vecchie contese sull’incompatibilità tra edilizia economica e di qualità e la bioarchitettura.

  1. I costi contenuti
    Per quanto incredibile possa sembrare, nonostante l’intervento sia realizzato su un’area libera ovvero acquisita sul libero mercato, ogni appartamento è costato ai soci meno di 3 milioni di lire al metro quadrato – con un  costo di costruzione pari a 450.000 lire al mc – contro i 4 milioni e mezzo al mq, richiesti attualmente per la zona della Bovisa dal mercato immobiliare. Ciò è stato possibile grazie alla logica cooperativa di ripartizione dei puri costi a carico dei soci e alla maestria nell’operatività di coordinamento tecnico-gestionale del Consorzio Cooperative Lavoratori che con l’ausilio dell’equipe dei suoi abituali tecnici e fornitori, ha saputo  adottare e concretizzare la sintesi di quelle tecnologie applicative adottate negli anni con successo nelle numerose costruzioni realizzate in Milano e provincia. Bisogna ricordare che l’attività di questo Consorzio si è sviluppata dal dopoguerra ad oggi con realizzazioni di decine di migliaia di appartamenti. Le iniziative realizzate dal Consorzio nel territorio della provincia di Milano sono pari ad una città come Monza.
  2. L’impianto termico e il risparmio energetico
    L’impianto di riscaldamento, se pur centralizzato, è gestito autonomamente dai singoli condomini attraverso la “contabilizzazione del calore”: in ognuno dei 107 appartamenti sono installati un cronotermostato, contatori e valvole che tengono sotto controllo i reali consumi nell’alloggio, rielaborati
    da un apparecchio elettronico collegato alla caldaia. Risultato: con la centrale termica unica si contiene l’uso del combustibile, limitando le emissioni in atmosfera e contabilizzando il calore, il risparmio medio per il condominio si attesta al 20-22%
  3. L’orientamento e l’apporto solare
    Con un’esposizione nord-sud sulle due facciate, l’edificio è stato ideato per sfruttare al meglio l’apporto di calore gratuito delle radiazioni solari, soprattutto nella mezza stagione e durante i mesi più freddi.
    Per ottenere un maggior comfort, la zona giorno e le camere principali si affacciano sul fronte meridionale dello stabile, dove le grandi finestre lasciano passare luce e calore.
    Gli ampi balconi di cui sono dotate le zone giorno e notte, prolungano lo spazio domestico e creano un filtro solare contro l’irraggiamento estivo.
  4. Il parco condominiale
    Fortemente voluto dai soci, il vero regolatore bioclimatico della Casa Ecologica è lui, il Parco “Armenia Films”, un’area verde pubblica gestita dal futuro condominio di quasi 10.000 metri quadrati, sul quale si affaccia il lato sud dell’edificio.
    Ne è parte integrante anche un laghetto, uno specchio d’acqua a tripla funzione che, oltre ad avere una valenza ornamentale, verrà utilizzato come bacino di riserva per l’impianto di irrigazione e per il riutilizzo delle acque meteoriche provenienti dall’edificio attiguo.
  5. I materiali e le finiture ecocompatibili
    I materiali da costruzione, tutti certificati dai produttori, sono biologicamente compatibili e riciclabili e non derivano da alcun processo di sintesi chimica:
    –     gli intonaci traspiranti a base di calce;
    –     i laterizi e i mattoni  faccia a vista che rivestono la facciata sono stati realizzati con argilla emiliana pura provenienti dalla fornace Unieco di Fosdondo (RE), mediante un procedimento che li priva di ogni residuo o additivo industriale;
  6. L’isolamento termoacustico
    Avendo l’edificio superfici esterne estese (104x78x11x21 h metri lineari) ed essendo Milano una città fortemente aggredita dall’inquinamento acustico, per coibentarlo dal freddo e dai rumori si è ricorsi al sughero biondo naturale compresso della Coverd, un isolante a bassa conducibilità termica, ad alto indice di fonoisolamento e – fondamentale per la scelta di ecocompatibilità – completamente privo di additivi e leganti artificiali.
    Grazie alle sue elevate qualità termo-igrometriche e acustiche, il sughero è stato utilizzato sia per la coibentazione delle pareti esterne e interne, sia per le solette e la copertura.
  7. La protezione dai campi elettromagnetici
    Per difendersi dall’elettrosmog – l’inquinamento elettromagnetico generato dalle linee elettriche, elettrodotti, impianti radar, trasmettitori e ripetitori per telefonia mobile – gli abitanti hanno chiesto che si realizzasse l’impianto elettrico secondo una configurazione “a stella”: diversamente da quella “ad anello chiuso”, la distribuzione stellare crea dei gruppi di circuiti indipendenti così che i cavi, messi sotto tensione singolarmente, limitano la creazione di campi magnetici in casa. Studi clinici  recenti hanno rivelato che anche il semplice funzionamento di luci ed elettrodomestici generano campi di energie inquinanti che, a lungo andare, potrebbero accentuare fenomeni di insonnia, nausea e perdita dell’appetito.
    Sulla scia di tali asserzioni, che tuttora generano grandi dibattiti, in ogni abitazione si è installato un disgiuntore di corrente (solo a monte del circuito della zona notte) che consente di abbassare la tensione dell’impianto elettrico quando non vengono utilizzate lampade, radiosveglie e apparecchiature elettriche.

Il rassicurante epilogo
La battaglia decennale della Cooperativa “Bovisa ‘90” – “La Casa Ecologica” è dunque vinta.
E ora il suo presidente, la Signora Graziella Antoniotti, è fermamente convinta che dallo studio attento dell’esperienza milanese si possano trarre considerazioni utili e concrete, in grado di rivitalizzare il concetto di condominio come luogo di benessere e socialità e sfatare il falso mito che ecologia è sinonimo di scarsa economia.

Ai progettisti una preghiera:
 “Osservate il 29 di Via Candiani con occhi fiduciosi!”